Quando Filippo Neri creò quella comunità fatta di preghiera, canto, pellegrinaggi nelle basiliche romane e tanta allegria la volle chiamare “Oratorio”, cioè luogo di preghiera. In realtà San Filippo inventò qualcosa di ancora più grande e complesso, capace di influenzare culturalmente e religiosamente non solo i suoi contemporanei ma anche l’avvenire. Infatti noi chiamiamo “oratorio” anche il genere di composizione sacra, che ebbe tanto sviluppo proprio a partire da Filippo neri, in cui la musica commenta e “racconta”, nel modo suo proprio, le grandi storie bibliche o delle vite dei santi. Tanti capolavori sono stati scritti a partire da questa intuizione e tanta musica ha consolato, infiammato, fatto pregare e commuovere i cuori degli uomini. Questa composizione vuole essere in linea con quell’intuizione di Filippo. A partire dai racconti dei testimoni straordinari di quell’avventura che ci raccontano gli aneddoti della sua vita, ho voluto fare un omaggio musicale a quella leggerezza, a quella luminosa esperienza spirituale e nello stesso tempo offrire una lettura serena e gioiosa della vita, così come San Filippo l’ha vissuta. In un tempo di crisi e di pessimismo fa bene guardare al cielo, al sole oltre le nuvole, al bambino innocente che spesso è nascosto dentro di noi e che abbiamo dimenticato in qualche stanza remota della nostra anima. Sarà proprio un testimone di quelle vicende a raccontarle, un bambino ormai cresciuto e che forse gli anni, le sofferenze, le disavventure e le turbolenze della vita, hanno reso più disilluso e pessimista. Ma è bello per lui ricordare e ritrovare quella gioia, quella leggerezza, quel desiderio di volare e di sorridere e poter raccontare quell’innocenza che gli dava tanta pace. Ogni racconto è contrappuntato da un brano musicale in cui protagonisti sono la gioia e il sorriso, in cui si percepisce fortemente il profumo e l’atmosfera di Roma, della sua anima popolare e nobile, scanzonata e poetica: la Città che Filippo adottò con tanto amore, lui che era fiorentino di nascita, e che trasformò con il suo sorriso facendola “cantare” con la sua fede e la sua carità luminosa. Ho voluto usare un linguaggio musicale estremamente semplice e trasparente, cercando di esprimere l’anima “naïf” di Filippo, e di strappare un sorriso anche all’ascoltatore di oggi, così smaliziato e “adulto”, sollevando un po’ della tristezza che a volte oscura il nostro orizzonte. C’è una parola che ricorre spesso in questa composizione: Paradiso. Credo che faccia bene ripeterla, anche per un non credente, anche per chi pensa di vivere un proprio “inferno” privato, anche per chi crede che non possa esistere un luogo così, ma anche per chi lo desidera, per chi vorrebbe ritrovare il bambino smarrito nei meandri del proprio cuore..